LA SCRITTURA MUSICALE NEL TEMPO
   
Leonardo Trevisan

leo@fondazionepremioaltino.it      

LA SCRITTURA MUSICALE NEL TEMPO

GREGORIANO

Pomposa

Guido Monaco Pomposiano

Guido d’Arezzo (Arezzo 992 ca -

1050) teorico musicale.

Monaco benedettino, studiò

nell’abbazia di Pomposa (Ferrara),

dove mise a punto il suo schema di

notazione musicale che introduceva il

principio moderno del rigo poi

teorizzato nel Prologus in

Antiphonarium e ideò la formula

mnemonica per ricordare l’esatta

intonazione delle note dell’esacordo,

assegnando a ciascuna nota un nome

(ut, re, mi, fa, sol, la) corrispondente

alla prima sillaba di ogni emistichio

dell’Inno di san Giovanni.

 Insegnò dal 1023 circa alla scuola

della cattedrale di Arezzo, e qui scrisse

la sua opera principale il Micrologus,

ontenente le sue idee teoriche ed

estetiche sulla musica.

Dalle sue teorie derivano i sistemi

didattici delle mutazioni, della

solmisazione e della mano guidoniana

(questa era un mezzo empirico che

serviva di sussidio mnemonico per

l’esecutore).

Nel 1029 si ritirò nel convento di

Avellano, dove forse morì.

gUIDO mONACO 7 NOTE MUSICALI

le prime 6 sillabe dall'inno
di S. Giovanni

Ut queant laxis

Resonare fibris   

Mira gestorum     

Famuli tuorum     

Solve polluti

Labii reatum

Sancte Joannes

Mano Guidoniana

 

FIGURE SONORE E DI SILENZIO

Figure sonore e di silenzio

 

La scrittura musicale si è evoluta nel tempo, durante il quale si sono codificati gli elementi primari

(altezza, durata, intensità e timbro) e secondari (linee, segni, parole, abbreviazioni, numeri e segni

grafici).

La notazione alfabetica costituì la più antica forma di scrittura musicale.

I suoni venivano rappresentati tramite lettere dell’alfabeto collocate sopra le sillabe da cantare,

mentre i valori erano raffigurati da linee e punti posti sopra le lettere stesse.

Questo sistema greco fu poi adottato dai latini e successivamente trasmesso agli studiosi del

medioevo. Solo verso l’VIII secolo presero forma i segni sonori, detti neumi e scritti sopra il testo

letterario. Indicavano approssimativamente l’andamento della melodia.

neumi


Al sistema della
notazione neumatica (con varie proposte di segni sonori tra l’VIII e l’XI secolo)

subentrarono alcuni tentativi di perfezionamento per fissare con più precisione l’altezza dei suoni.

Il primo fu quello di utilizzare sul testo da cantare una linea rossa, di nome FA per definire un punto

di riferimento.

I neumi posti sopra alla linea indicavano i suoni più acuti, mentre quelli sotto, i suoni più gravi.

Pur facendo uso della linea rossa l’altezza sonora era molto approssimativa.

In seguito si aggiunse una seconda linea di coloro giallo di nome DO

e via via altre linee fino ad  arrivare al tetragramma perfezionato dal teorico benedettino GUIDO

MONACO POMPOSIANO "d'Arezzo".

Con il tetragramma rosso si scrive ancor oggi il gregoriano, il canto monodico della liturgia cattolica.

Ben presto le linee si scrissero anche in nero e, per dare il giusto punto di riferimento ai neumi, si

ricorse all’uso delle lettere chiavi tratte dalla notazione alfabetica.

Esempio della lenta trasformazione delle lettere chiavi.

Queste due chiavi potevano spostarsi di linea per far sì che la melodia rimanesse il più possibile

dentro il tetragramma.

Dalle linee chiave “DO e FA” prendono denominazione le altre in successione ascendente e

discendente.

Guido d’Arezzo, oltre ad aver definito il tetragramma, diede pure il nome alle prime sei note

(esacordo) traendone dalle prime sillabe di un inno dedicato a S. Giovanni, ove ogni verso inizia con

un suono immediatamente superiore al precedente.

Con la notazione neumatica inserita nel tetragramma si risolve l’altezza, mentre rimane aperto lo

studio per definire la durata dei suoni.

Per risolvere il problema della durata furono usati inizialmente simboli grafici come:

e successivamente anche note bianche per indicare diversi valori.

Intanto aumentarono le linee destinate a precisare nuove altezze sonore.

Nel cinquecento, con il sommo teorico musicale Giuseppe Zarlino, si definì il nostro attuale

pentagramma musicale con l’uso di segni grafici o figure musicali per rappresentare suoni e momenti

di silenzio di varia durata, la divisione delle misure mediante lineette verticali, la settima nota SI e

ltri elementi secondari.

Nel seguente schema si possono rilevare le equivalenze dei suoni secondo la diversa posizione del simbolo chiave.

A partire dagli anni '50 si evidenziò una crescente autonomia della timbrica, della durata e in particolar modo dell'altezza sonora intesa come superamento di ogni genere di notazione rigida a favore dell'improvvisazione.

Nacquero così le più disparate proposte per ampliare la gamma sonora, timbrica e di durata come richiesta dai nuovi criteri esecutivo e compositivi degli autori contemporanei.


(Pluralismo di simbologie grafico-figurative che deve ancora uniformare gli elementi sonori e musicali sia nell'aspetto dell'apprendimento che

in quello di comunicazione).

Ai nostri giorni, nell'attesa di una chiarificazione e definizione di un sistema di segni realmente organico, riferito alle sonorità e ai suoni

musicali, è esplosa l'alta tecnologia musicale che si sta imponendo con un suo linguaggio.

Un linguaggio non immediatamente comprensibile, ma pieno di risorse per concretizzare l'evolversi della musica, dove si cela un mondo

estremamente complesso e misterioso.

Un contributo per semplificare il codice dell'altezza sonora tonale nella tastiera elettronica è nato il Pentagramma musicale TreviLeo.

 

 

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