musica e musicisti a Venezia dalle origini ad Amendola

 

Maria Girardi

 

musiche e apprendere  dai  maestri  di musica  della città. Nel 1613 giunge a Venezia Claudio Monteverdi, dove morirà nel 1643 (le sue spoglie si trovano presso la Chiesa dei Frari).

La venuta di Monteverdi a Venezia segnò una svolta fondamentale per la città.  Nato a  Cremona nel 1567, ebbe una solida  formazione umanistica, attestata dalle sue lettere e dalle citazioni classiche di cui esse sono costellate.

A questa cultura generale gli fu affiancata una educazione musicale particolarmente curata, grazie ad un maestro di rilievo, Marc'Antonio Ingegneri, di cui è allievo per alcuni anni.

Nelle edizioni a stampa dei suoi primi due libri di madrigali (apparsi nel 1587 e nel 1590) Monteverdi si gloria di qualificarsi sul  frontespizio quale "discepolo del Sgr. Marc'Antonio Ingegneri". Le vicende della sua attività professionale  lo condussero prima alla corte di Mantova (1590-1612),dove partecipò attivamente alle feste bandite dal suo signore, il duca Vincenzo Gonzaga, e poi a San Marco, in Venezia, dove nell'ultimo trentennio della sua vita occupò il posto prestigiosissimo di maestro di cappella.

Sia nell'una che nell'altra città ebbe modo di frequentare persone dei più diversi ambienti sociali, e da molte parti gli vennero  richieste composizioni dei vari generi.

Unite a una sensibilità acutissima, di continuo messa alla prova dalle vicende spesso non liete della vita professionale e familiare, e ai benefici di una lunga esistenza che gli  lasciò il tempo e il modo di rinnovarsi, queste esperienze contribuirono a fare di Monteverdi il grande artista destinato a spalancare alla musica le porte dell'avvenire.

Nella storia del madrigale italiano, che si estende per circa un secolo, Monteverdi occupa un posto tutto particolare, giacché dopo aver  aderito con successo alla intensa produzione di questa forma, ne segnò anche la conclusione, avviandola, con ardita trasformazione, sulla strada del dramma in musica.

Con Monteverdi, a Venezia si fa strada il nuovo modo di esprimersi musicalmente, cioè il melodramma che, ancora agli albori (essendo stato  attuato al1'incirca nel 1600 con l'Euridice di Peri e  Rinuccini, andata in scena il 6 ottobre di quell'anno a Firenze, in occasione  delle nozze di  Enrico  IV  di  Francia con  Maria de' Medici), conosce

proprio nella città lagunare un incredibile incremento.

E'probabile che lo stesso  Monteverdi abbia assistito, al seguito del duca Vincenzo Gonzaga, la manifestazione fiorentina del 1600, tant'è che proprio nel 1607, il musicista realizzò per la corte di Mantova l'Orfeo, opera in musica seguita l'anno  successivo dall'Arianna, di cui ci  rimane  solamente il Lamento.

Monteverdi scriverà diversi melodrammi per Venezia, città dove si insediò nel 1613, grazie alla cospicua retribuzione, alla sicurezza del lavoro e alla fama di cui era circondato.

Quindi egli fu prolifico non solo come compositore di musica  sacra e madrigalistica (lasciò ben otto libri di madrigali, e un nono libro edito postumo) ma in larga misura scandagliò il genere profano.

Del 1624 è il Combattimento di Tancredi e Clorinda (pubblicato nel 1638 all'interno dei Madrigali guerrieri et amorosi), sul testo tratto dal canto XII della Gerusalemme liberata di Tasso, eseguito per la prima volta nel palazzo del patrizio veneziano Mocenigo "in tempo di carnevale, per passatempo di veglia alla presenza di tutta la nobiltà, la quale restò mossa  dall'affetto di compassione che quasi fu per gettar lacrime; et ne diede applauso per esser stato genere di canto non più visto ne udito". Nato nelle intenzioni del musicista come una dimostrazione delle possibilità dello "stile concitato", basato sulla geniale efficacia del ritmo nell'esprimere quei sentimenti" che muovono grandemente l'animo nostro" il Combattimento brucia nella sua concreta attuazione ogni residuo programmatico e si pone in un perfetto equilibrio e in una compiuta interrelazione dei mezzi e dei fini come supremo messaggio d'arte e di umanità. 

Questa composizione è dunque il felicissimo punto d'incontro fra il  madrigalismo  cinquecentesco e la mono-dia drammatica già sperimentata nel campo dell'opera.

Questo madrigale, che è nel "genere concitato", ossia vivida rappresentazione musicale di stati  d'animo appassionati, è una perfetta scena d'opera in cui la presenza di un narratore nulla toglie all'immediatezza di rappresentazione e di contrasti.

Essi sono ottenuti con il pronto adeguamento della musica alla parola nel sottolineare simbolicamente tutti i minuti suggerimenti e con l'intervento degli strumenti che, lungi  dall'avere  un  ruolo di  semplice accompagna-

 

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